Da bambina ricordo chiaramente che dopo la cena aspettavo che calasse il buio per poter tornare a casa. Abitavo in un paesino dove ci conoscevamo tutti e dove si mangiava tutti insieme. (Alcuni la chiamavano comunità, per me era solo casa). Solo quando il sole aveva lasciato le strade, e i lampioni si accendevano, allora io potevo rientrare. Non lo facevo mai prima. Il mio “pronti? VIA!” erano i lampioni accesi. Ce ne erano pochi, bassi e distanti l’uno dall’altro, così tanto da non consentire ai raggi luminosi emessi dai bulbi di toccarsi, lasciando così in piena oscurità l’equivalente di una decina di passi di bambina.
Quei metri al buio, che mi dividevano da casa, erano il mio posto sicuro. Mi infilavo quel mantello di oscurità e sapevo che, a tratti, il mondo non mi poteva vedere. In quegli istanti io potevo fare ed essere chi o cosa desiderassi. Sempre. Ovunque. Il buio mi ha sempre accolta e fatta sentire a casa. Non riuscivo a capire come mai le storie usate per spaventare noi bambini avessero sempre l’oscurità come protagonista. Chiedevo: “Perché il mostro mi vuole uccidere?”. “Perché è cattivo”, mi sentivo rispondere. E io: “Perché è cattivo?”. Ma a questa domanda loro non sapevano ribattere mai. Era cattivo e basta.
Un’altra cosa, poi, non mi quadrava: “Ma se tu non vedi il mostro, allora non è che il mostro non vede te?”. Ecco come mi rispondevano: “Il mostro vede anche al buio, come i gatti”. Solo che il mio gatto, al buio, non vedeva nulla. Dava testate a destra e a manca, e questa cosa mi faceva sorridere perché immaginavo quei mostri prendere dentro gli spigoli con i mignoli o il tavolino con il ginocchio. Ho cominciato a cercare una ragione al buio che fa paura e ai mostri che sono cattivi, guardando film horror. Li ho guardati tutti, studiandoli, cercando di capire perché mai quei mostri dovessero per forza far tutta quella fatica per rompere le scatole a dei poveri cristi del tutto ignari. Da allora, o forse anche prima, ho cominciato ad amare questa forma d’arte così poetica e romantica.
Penso al modo di raccontare l’umano e il non-umano vicini e insieme. Al tentativo di dare qualcosa di più che un semplice bel film. Emozioni, da portarsi a casa per giorni, settimane o per sempre (se parliamo di Frailty, The Ring, Sinister, It, The Blair Witch Project, L’esorcista, 4 mosche di velluto grigio e pochi altri). L’horror non mi ha mai spaventato. Al contrario, mi ha sempre affascinato. Quello ben scritto, ben interpretato, ben girato è raro, vero, ma se lo si trova, se in una sala buia riesci a trovare quella magia, allora il brivido sveglierà tutto il tuo corpo, l’adrenalina arriverà veloce al cervello e il tuo istinto di sopravvivenza prenderà il posto del comando. Perché tutto è al sicuro in quella sala buia.
Buon horror a tutti.
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