Prima di Dream Scenario, Kristoffer Borgli aveva scritto e girato Sick of Myself, passato a Cannes nel 2023 e uscito in sala poche settimane fa (poche copie, pochissima pubblicità, pochissimo pubblico). Sick of Myself è un film che parla di narcisismo autodistruttivo e dei paradossi della body positivity: lo fa con un’ironia raggelante, un distacco antropologico tipico di certo cinema nordeuropeo (da Ruben Östlund in giù) e qualche deviazione grafica in territori quasi-horror.
Sick of Myself è valso a Borgli l’attenzione di Ari Aster e della A24 per il suo terzo film – il primo americano – Dream Scenario, che Ari Aster ha prodotto e la A24 acquisito. Di che parla? Di Paul Matthews (Nicolas Cage), un professore di biologia timido e frustrato, che da un giorno all’altro si ritrova “ospite” nei sogni di migliaia di persone in tutto il mondo. Cioè diventa “virale”, senza fare assolutamente nulla. Lo spunto, semplice e geniale, innesca una più ovvia riflessione sull’economia della fama: Matthews diventa un “prodotto”, con tutto ciò che ne consegue. Lui vorrebbe utilizzare la sua visibilità per scrivere il libro sulle formiche che ha sempre desiderato pubblicare, ma l’agenzia che ne cura gli interessi vorrebbe invece che facesse pubblicità alla Sprite. Sua moglie torna a desiderarlo, le sue figlie non si vergognano più di farsi portare a scuola, donne che non ha mai conosciuto vogliono fare l’amore con lui; perfino i suoi corsi – di solito semivuoti – si popolano di studenti curiosi.
Nella seconda parte il film inverte il senso di marcia: i sogni cambiano, ora quella del professore è una presenza onirica violenta, spaventosa. E cambia anche il suo status sociale, la gente lo evita, lo emargina, lo aggredisce. Le conseguenze, in entrambi i casi, riguardano tutta la sua famiglia, in particolare un avanzamento professionale della moglie viene prima proposto e poi ritirato. Qui il film diventa una specie di satira della cancel culture, mentre lavora sul dramma umano del protagonista sostenuto da una performance fantastica di Cage. Del terzo atto non diciamo nulla, se non che il film al momento di tirare le fila del discorso, di adottare una morale, un punto di vista, un’idea, sceglie di non scegliere e prende la strada del romanticismo.
Borgli è bravo. Ha grandi idee, un grande istinto creativo (la messa in scena dei sogni è ricca e soddisfacente), lavora con convinzione e fantasia sui guasti della società, ed è tutto sommato piuttosto lucido. Gli piace montare scenari destabilizzanti, ama pure il sangue. I suoi film sono fotografie più che viaggi: non propongono il conforto di un approdo né la maneggevolezza di una lezione. Dream Scenario è una fotografia affascinante ma meno definita di Sick of Myself. Per chi non ha visto quel film, né ha intenzione di vederlo, cioè per quasi tutto il pubblico mainstream, tanta roba. Per gli altri, qualche risata, un po’ di spaventi e il sentimento rinnovato di una minaccia inafferrabile, che poi è la vita che condividiamo.
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