L’esempio di Beck

Nel vitalissimo panorama dei manga, vale la pena riscoprire il lavoro di Harold Sakuishi, ora proposto da Dynit in una nuova edizione. ecco perché

L’esempio di Beck

Nel vitalissimo panorama dei manga, vale la pena riscoprire il lavoro di Harold Sakuishi, ora proposto da Dynit in una nuova edizione. ecco perché

Beck di Harold Sakuishi non ha avuto lo stesso successo di Slam Dunk di Takehiko Inoue. Non ha personaggi come il protagonista di Great Teacher Onizuka di Toru Fujisawa e non parla di sport o di avventure incredibili. È un manga sulla musica, uno slice of life che unisce i toni scomposti della commedia a quelli più drammatici del racconto intimista ed esistenziale.

Quando ha cominciato a svilupparlo, Sakuishi non aveva nessuna certezza. È stato il suo editor a dirgli di andare avanti, di insistere e di non limitarsi a inseguire le mode passeggere. E Beck è speciale proprio per questo.

Nel panorama dei fumetti giapponesi, rimane unico, vero, delicato; cambia dopo ogni pagina e si evolve, si trasforma, trova costantemente un nuovo equilibrio e una nuova forma. Il disegno diventa sempre più attento e curato. La forma dei corpi ha un peso e una compostezza precisi, e l’erotismo delle situazioni riesce a non essere mai asfissiante o insistente. Il protagonista, Koyuki, è un ragazzo che non sa che cosa fare della propria vita, che è profondamente insicuro di se stesso e delle proprie capacità. La sua vita prende un’altra direzione quando incontra un chitarrista, Ryusuke, e scopre di avere un incredibile talento per il canto.

“Beck” è il nome della band che formano e che, tra mille vicissitudini, finirà per essere la loro famiglia. In questa rubrica non parliamo mai – o quasi mai – di singole opere, ma in questo caso sentiamo di dover fare un’eccezione. Il manga, più e meglio del fumetto americano e di quello europeo, può vivere mille vite, e migliorare, crescere, ritornare. Attraversa infinite fasi e non si ferma mai. Non davvero, almeno. Perché può rinascere in qualunque momento. Beck è ambientato in un’altra epoca e in un altro Giappone: i cellulari e i computer non sono così diffusi, la musica straniera viene vista come una cosa per pochi, di nicchia, esotica; e inseguire i propri sogni, abbandonando gli studi e affidandosi agli sconosciuti, è quasi un suicidio. Ma Beck è anche attualissimo perché parla di passione e dedizione, e soprattutto di talento e predestinazione.

La musica è un contorno: una cornice spessa, impossibile da ignorare, che in parte coincide con il contenuto. Sakuishi ha costruito un racconto solido, pieno di riferimenti, spunti e citazioni (a un certo punto, compaiono due personaggi che ricordano Jim Jarmusch e Quentin Tarantino). Beck è come un viaggio. E in questo viaggio siamo tutti insieme: lettori, autore e personaggi.

Alcuni manga riescono a parlare di ogni cosa: del grande e del piccolo, di noi, che viviamo oggi, e di loro, che fanno parte di un altro tempo e di un’altra realtà. Beck è un esempio, e merita decisamente una seconda possibilità. In questi giorni, per fortuna, Dynit ha stampato una nuova edizione: meno volumi, rispetto a quella originale, ma più attenzione e cura. Se non l’avete ancora letto è il momento di recuperarlo: può essere un ottimo inizio per imparare ad amare questo tipo di manga.

Quelli apparentemente semplici, ma che in realtà sono carichi di significati e sfumature.

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