Entra. di Will McPhail, scritto così, con il punto, edito da Tunué e tradotto da Francesco Pacifico, è come un lungo, lunghissimo invito. O meglio: più che un invito fine a sé stesso, è il racconto di quello che invitare le persone nel proprio mondo, nella propria realtà, può fare. Il protagonista, Nick, è un disegnatore. Un artista, anzi. E per tutta la sua vita non è riuscito a trovare uno scopo. Le sue interazioni con gli altri sono sempre state solo questo: interazioni. Rette così convinte della direzione che avevano preso da schiantarsi contro le rette di qualcun altro. La profondità della conoscenza arriva solo raramente, come esplosioni improvvise di immagini e – ci ritorneremo tra poco, promesso – colori. Ora, però, qualcosa sta per cambiare nell’esistenza di Nick. Forse è il caso; forse, invece, è semplicemente giunto il momento di farlo. Nick si avventura nella vita con un altro desiderio e un’altra voglia: quella di essere finalmente e completamente sé stesso. E questo vuol dire accettare tutto ciò che gli arriva. Il buono con il cattivo. Il dolce con l’amaro. Le persone con le loro contraddizioni.
Entra. – di nuovo, scritto con il punto – è senza ombra di dubbio uno dei migliori fumetti pubblicati in Italia quest’anno. Perché ha, ed è, ogni cosa. Ha la profondità, l’ironia, il sarcasmo, la capacità – così rara di questi tempi – di non prendersi mai sul serio, nemmeno nel momento di massima tensione o durante la tragedia più nera (perché sì, piccolo spoiler, in questo fumetto c’è la tragedia). È svelto e allo stesso tempo lento. Ragionevole e spassionatamente intuitivo.
Will McPhail lavora per il New Yorker e la sua esperienza come vignettista, quindi come autore di storie brevi, gli è tornata estremamente utile in quest’opera. Ha giocato con la divisione della pagina e degli spazi; si è fatto da solo, a mano, le sue vignette. E a volte sono più squadrate e precise, e altre volte, invece, finiscono per toccarsi e sovrapporsi. E ciononostante conservano la loro indipendenza narrativa e la loro forza drammaturgica.
Ogni vignetta è come una storia a sé: il pezzo di un puzzle più grande; o, se preferite, la sequenza di un film a episodi che, di volta in volta, prova a dire qualcosa di differente. Ma questo non è cinema: questo è fumetto. E il fumetto non ha bisogno di nessun paragone per essere legittimato. È arte. E l’arte migliore è l’arte che parla di noi, della vita, che ci dice che cosa sta succedendo senza giudicarci ed ergersi come una maestra. Will McPhail, per la proprietà transitiva, è un artista. Ed è un artista umile, pronto ad ascoltare l’altro, a capire, a mettersi in gioco.
Entra. è, in buona parte, in bianco e nero. Ma in certi passaggi, quando Nick entra finalmente in contatto con le persone che lo circondano, come sua madre o come Wren, la ragazza che conosce quasi per caso in un bar, i colori esplodono. E trasportano il racconto in una dimensione completamente differente. Una dimensione in cui, di colpo, non siamo più soli. Siamo finalmente entrati. E possiamo condividere qualcosa di davvero genuino con gli altri.
P.S. Da questo numero in poi, ci impegneremo a segnalare il nome dei professionisti che hanno lavorato alla traduzione delle opere straniere. Ci scusiamo per non averlo fatto prima.
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