In questi anni è stato detto di tutto: che i fumetti sono solo per bambini; che i graphic novel sono letteratura; che i fumetti non sono solo fumetti, e che i libri a fumetti sono pura arte. Non bastano le copie vendute o le classifiche dei quotidiani per fare la differenza. Siamo ancora qui, al punto di partenza.
In parte la colpa è di chi prova a raccontare i fumetti, e finisce per commettere sempre lo stesso errore: farsi indietro, indignarsi, preferire lo zoccolo duro al pubblico più ampio e orizzontale. E in parte la colpa è del sistema dell’editoria, che si è lasciato abbindolare, corteggiare e convincere: i fumetti sono un tesoro nascosto, e come tale vanno considerati e trattati. In questo modo non ci siamo mossi di una virgola, e ogni volta che esce qualcosa di nuovo – il volume di una serie, il fumetto di un grande autore; la riconferma di un giovane talento – dobbiamo mettere le mani avanti e giustificarci: non sono solo fumetti, e per carità.
L’ultimo lavoro di Zerocalcare, No Sleep Till Shengal, pubblicato da Bao Publishing, è la quintessenza del buon fumetto: è chiaro, leggibile, diviso equamente – e brillantemente – tra parole e immagini. In più, incarna perfettamente l’anima del suo autore: quello che ha visto, vissuto, quello che conosce e desidera condividere con gli altri. Fare fumetti è un mestiere difficile. Spesso, come ci dicono le tante ricerche del MeFu, precario. Non è per tutti. Però c’è chi ce la fa: chi, nonostante tutto, continua a provarci e ad andare avanti, a non mollare. I fumetti sono una cosa seria, serissima. Soprattutto per la fatica e l’impegno che richiedono. Per la visione che, a volte, nascondono. Per il potere che hanno, e qui non facciamo della banale retorica, di attirare, comunicare e spiegare.
Zerocalcare, con le sue opere, è un esempio di questo aspetto. Certo, è anche un’eccezione, visti i numeri che riesce a fare. Ma è il segno di qualcos’altro, dei tempi che – per fortuna – sono cambiati e di un pubblico che, nonostante le infinite chiacchiere di critici e addetti ai lavori, non si fa più problemi. I lettori, oramai, passano da un romanzo a un fumetto, e lo fanno naturalmente. Scoprono Zerocalcare su Netflix, con la sua serie animata, e decidono di recuperare i libri che ha fatto. Oppure lo vedono in Tv, su una copertina, e lo ascoltano. No Sleep Till Shengal non è solo, e semplicemente, l’ennesimo tassello di un mosaico più grande; è un passo in avanti, sicuro e definitivo, dell’evoluzione di un autore. Tutto, se vogliamo, si riduce al linguaggio: Zerocalcare è Zerocalcare per il modo in cui si esprime, per i continui riferimenti che fa, e per la sua capacità – questa, va detto, abbastanza unica – di tenere tutto insieme, tutto unito. Parla di guerra mentre parla di sé stesso, e parla di sé stesso mentre si avventura in un altro mondo e in un’altra nazione.
I fumetti sono per tutti, eccola la verità. E Zerocalcare, che finalmente è tornato, riesce a dimostrarlo senza il bisogno di artifici o di chiacchiere inutili.
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