Lynsey, ingegnere militare, torna negli Stati Uniti dall’Afghanistan con una lesione cerebrale debilitante in seguito all’esplosione di un ordigno. Nel recupero, che è lento e doloroso, deve re-imparare a camminare e riaddestrare la memoria aiutata da una custode chiacchierona, ma tenera (Jayne Houdyshell). Quando fa ritorno a casa a New Orleans, però, si trova ad affrontare ricordi ancora più angosciosi e impegnativi di quelli che ha vissuto mentre era in servizio: una resa dei conti con la sua infanzia.
Rimasta con la madre (Linda Emond), con cui ha un rapporto teso, Lynsey vorrebbe solo tornare al suo lavoro di ingegnere ma il suo medico (Stephen McKinley Henderson) è diffidente e così, nel frattempo, trova lavoro come pulitrice di piscine. Quando il suo camioncino si rompe, incontra James Aucoin (Brian Tyree Henry), che lavora in un’autofficina e le offre un passaggio a casa; lentamente i due iniziano a fare affidamento l’una sull’altro per avere compagnia e trovare conforto e Lynsey scopre che anche James sta reprimendo i traumi del proprio passato.
Causeway, esordio dietro la macchina da presa della regista teatrale newyorkese Lila Neugebauer, presentato nel Concorso Progressive Cinema dell’ultima Festa del Cinema di Roma e ora in streaming su Apple TV+, riporta la diva Lawrence alla recitazione spaventosamente grigia e dimessa dei suoi inizi (ai toni di Un gelido inverno e The Burning Plain, per intenderci) e s’inserisce con compassata tenerezza, ma anche con raggelante e imperturbabile rigore stilistico, nel filone dell’elaborazione dei fantasmi post-traumatici delle guerre americane.
Un piccolo film silente e catatonico, attento tanto ai riflessi delle ombre sulle superfici degli oggetti e degli spazi quanto alle dolenti increspature della sensibilità della protagonista su ciò che la circonda. Dell’incidente bellico che ha sconvolto l’esistenza di Lynsey non vediamo di fatto nulla, e lo spessore dello sguardo autoriale è tutto lì: nella misura e nell’equidistanza morale del pudore, nell’accudimento ovattato e reticente come massima e più dolce forma di riabilitazione alla vita. Per ricominciare, ancora.
Foto: IAC Films, Excellent Cadaver
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