Da qualche parte nel nord della Francia, Juliette (Juliette Jouan), giovane orfana di madre, vive con il padre, Raphaël (Raphaël Thiéry), un soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale. Appassionata di musica e di canto, Juliette ha uno spirito solitario. Un giorno, lungo la riva di un fiume, incontra una maga che le predice che delle vele scarlatte arriveranno per portarla via dal suo villaggio. Juliette non smetterà mai di credere nella profezia.
Liberamente ispirato a Le vele scarlatte di Aleksandr Grin, scrittore russo pacifista del XX secolo, il film dell’italiano Pietro Marcello (La bocca del lupo, Bella e perduta, Martin Eden), film d’apertura della scorsa Quinzaine des réalisateurs 2022, sezione parallela del Festival di Cannes, si propone come un racconto popolare, musicale (a firmare le musiche c’è il compositore Gabriel Yared) e storico, al confine con il realismo magico. Nel cast de L’Envol, come recita il titolo francofono, anche la partecipazione speciale di Louis Garrel: il film è ora nelle sale cinematografiche italiane con 01 Distribution.
«Dopo Martin Eden non avevo grosse necessità, a parte Per Lucio che volevo fare da anni e il documentario reportage Futura, e mi sono ritrovato in Francia per due anni – ci raccontava il regista sulla Croisette – In Francia mi è stato proposto questo romanzo e me ne sono innamorato, chiaramente mi sono trovato in un territorio che non era il mio anche se in fondo è un film sudista, che poteva essere realizzato anche a Casal di Principe: è un film in costume ma anche profondamente moderno, con una corte dei miracoli fatta di reietti. Non conoscevo bene la lingua ma ho avuto la possibilità di continuare a sperimentare, l’ho fatto a Picardie, che non è un’area ricca della Francia anche mi sentivo protetto perché era vicino Parigi. L’abbiamo girato in maniera molto genuina e in pochissimo tempo, adattando i luoghi di tutta quella zona della Francia, che è stata devastata dalla guerra e in cui non esistono più paesaggi storici».
«Mi considero in fondo un’archivista e ho lavorato a questo film come un documentarista. In passato ho girato anche con la pellicola scaduta, questa volta sono riuscito a girare anche con della pellicola fresca – proseguiva Marcello, che ha aperto il film con una frase dello stesso Grin: «I cosiddetti miracoli si possono compiere con le proprie mani» – Vorrei tornare a lavorare con gli archivi perché non lo faccio da un po’, il cinema per me è un corpo unico. Spesso i registi che vengono dalla finzione non sono abituati agli imprevisti, per me invece sono linfa vitale, quando non ci saranno più non saprò dove mettermi. Allo stesso tempo non credo ci sia il cinema della realtà, c’è sempre una trasposizione della realtà e per questo ho sempre una tendenza a mischiare i linguaggi. Credo poi che Le Vele Scarlatte sia un film-femmina, la figura del principe azzurro l’abbiamo distrutta. Quando penso alla mia infanzia se penso a figure positive penso dopotutto a figure femmili, mentre quelle maschili sono spesso negative. C’è anche del realismo magico, l’Italia è il paese dei campanili e dei comuni quindi avalla poco quella dimensione, a parte forse il Tavoliere, non è come il Sudamerica o il Brasile».
«In questo film ho sentito una certa abitudine nel fare cinema, a fare qualcosa perché l’avevo fatto in altri film, e mi dicevo: “Ma che sta succedendo? Sono diventato un mestierante?” Allora facevo un passo indietro cercando di sperimentare” – dice Marcello descrivendo la lavorazione del film e il suo approccio a uno scenario produttivo per lui in parte inedito – Prima lo facevo senza strumenti e senza un’economia, mentre qui l’ho avuta per realizzarlo, anche se non penso sia necessariamente meglio, La bocca del lupo l’ho fatto con 50.000 euro, anche Bella è perduta è stato realizzato con pochissimi soldi e pellicola scaduta. Quando vedo film fatti con molti soldi mi spavento, per me è meglio fare strade e ospedali, ma questo è un mio punto di vista che non aiuta l’industria. Dipende tutto dalla necessità, quando non ce l’avrò mi dedicherò all’insegnamento».
«È il secondo adattamento da un romanzo che facciamo con Pietro e c’era alle spalle un lavoro di senso molto forte, com’è stato con Martin Eden – spiega invece il co-sceneggiatore Maurizio Braucci – È un racconto introvabile sia in Italia che in Francia e spero venga ripubblicato perché Grin è un autore incredibile. Adattare un racconto ottocentesco che ha una dimensione fiabesca molto marcata è difficile, per degli uomini che condividono la causa femminista ma sentono comunque di stare dal punto di vista degli aggressori è un aspetto di cui tenere conto. Oggi va molto l’esigenza del cambiamento di genere, mutare punto di vista e raccontare storie che erano di uomini dal punto di vista di donne. Il vero problema è però che sono troppo poche oggi le donne che fanno cinema. Marco Ferreri diceva già negli anni ‘80 che gli uomini non sanno più qual è il loro ruolo».
Raphaël Thiéry, attore visto in Rester Vertical di Alain Guiraudie e che sarà prossimamente anche in Poor Things, il nuovo film di Yorgos Lanthimos, è il padre de Le Vele Scarlatte: «Mi sono chiesto se sarei stato in grado di essere credibile nei panni di un soldato che torna dalla guerra. Ho fatto anche degli esercizi alla fisarmonica che erano necessari per il ruolo e non capita molto spesso in Francia di andarsi a bere un bicchiere dopo un’audizione con un regista, era una cosa insolita. Mi sono trovato comunque a mio agio, perché anch’io vengo da un contesto rurale, l’ho incarnato rimanendo semplice nel rapporto che quest’uomo costruisce con la figlia, che evolve dai primi momenti, costituiti da imbarazzo, fino a diventare una guida e renderla autonoma ed emancipata nell’affrontare la vita».
Diplomata in cinema e in lingua inglese, Juliette Jouan è stata scelta a 20 anni da Pietro Marcello per interpretare il ruolo della protagonista ne Le Vele Scarlette. Ha una formazione da musicista: canta, suona il piano e compone. «Il lavoro principale era cercare di lavorare sulle differenze tra me e Juliette, i punti di contatto c’erano, ma anche tante divergenze – dice l’attrice – Era necessario darle forza ed emancipazione perché è in grado di evolvere nel corso della storia come personaggio, va alla scoperta dell’altro attraverso un ragazzo che incontra».
Foto: Maria Giménez Cavallo (Pietro Marcello in copertina), CG Cinéma/Avventurosa/Rai Cinema
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