Nostalgia, il nuovo film di Mario Martone con Pierfrancesco Favino in Concorso al 75esimo Festival di Cannes tratto dal romanzo omonimo di Ermanno Rea, racconta di Felice Lasco, uomo che torna a Napoli dopo aver vissuto molti anni in Egitto, dove si è sposato e ha aperto un’impresa, per rivedere l’anziana madre che aveva lasciato all’improvviso quando era ancora un ragazzo.
Nella sua città si perde tra le pietre delle case e delle chiese del rione Sanità, nelle parole di una lingua che sente estranea, ma che in realtà è la sua. L’uomo sembra rapito da una strana malìa e irrompono in lui i ricordi di una vita lontana trascorsa con Oreste (Tommaso Ragno), il migliore amico d’infanzia con il quale condivide un segreto. Quando è evidente che Napoli rappresenta per lui una vita ormai perduta e che dovrebbe tornare al più presto da dove è venuto, viene inchiodato dalla forza invincibile della nostalgia.
«Il film mostra luoghi del cinema e dell’anima – ha esordito il regista raccontando il film a Cannes, dove ieri sera si è tenuta la proiezione ufficiale di gala al Grand Théâtre Lumière e il relativo red carpet – Del romanzo di Ermanno Rea mi affascinava l’idea di fare un film tutto in un quartiere, infatti non si svolge a Napoli ma tutto nel Rione Sanità, un’enclave lontana dal mare, che perfino i napoletani conoscono poco. Mi permetteva di immaginare forme borgesiane come il labirinto e la scacchiera, nelle quali ipotizzare che i personaggi traccino il loro percorso indipendentemente l’uno dall’altro. Nel romanzo la fine è l’inizio, comincia di fatto con l’epilogo e io ho seguito Rea come un labirinto».
Martone ha girato il film calandosi in prima persona come regista nel contesto del Rione Sanità, e vivendo quel luogo da molto vicino, oltre che immergendovisi completamente: «La svolta è stato capire che il film non andava fatto secondo una messa in scena tradizionale con comparse, ma buttandosi in strada, come il Neorealismo o la Nouvelle Vague, incontrando le persone. Non si trattava di creare sfondi ma dei rapporti, che sono diventati la realtà che abbiamo vissuto sul set e, spero, anche qualcosa che si vede sullo schermo».
Nei panni del protagonista c’è un Pierfrancesco Favino particolarmente intenso, che parla un napoletano fortemente contrassegnato da un accento arabo e il cui personaggio si abbandona a vagheggiamenti malinconici e smorfie dolenti di rimpianto. Dopo essere stato nel Concorso di Cannes nei panni di Buscetta ne Il traditore di Bellocchio e Craxi in Hammamet di Amelio, per l’attore Nostalgia è un’ulteriore conferma nel gotha del cinema d’autore italiano: «Ho proposto il personaggio a Pierfrancesco perché volevo dargli il suo primo film napoletano. È molto difficile capire i gesti di questo personaggio, molto atipico nel cinema italiano, visto che non è un eroe», dice Martone.
«Faccio fatica a parlare in termini razionali, per me è stata un’esperienza viscerale che potrei raccontare solo in modo maldestro – esordisce Favino – Si è trattato di un luogo, uno spazio e un tempo in cui mi sono totalmente perso, la Sanità è un’ammaliatrice che non è possibile piegare alle leggi del cinema, infatti è successo il contrario. Questo film, che ritengo innanzitutto una grandissima storia di amore e amicizia, emozione e visceralità, mi ha consentito di esplorare delle libertà espressive e delle zone di me che non avrei potuto scoprire altrimenti. Leggendo il romanzo ho pensato che ognuno di noi ha dentro il Sud del mondo, un magnetismo che lo rimanda ai suoi avi. La Sanità essendo così particolare può essere qualunque luogo del Sud, Napoli o Il Cairo non fa differenza, è comunque l’altrove. Il fatto che quest’uomo si ritrova in un altrove che coincide con stesso fa pensare che ritornare è, in fondo, il senso di qualunque racconto, ben più importante dell’approdo».
A proposito delle inflessioni della lingua del protagonista di Nostalgia, spiega l’attore: «Avevo paura di affrontarlo, ma per fortuna c’erano delle persone intorno che mi tenevano un telo come fossi un trapezista nel caso in cui fossi caduto. La lingua è sempre silenzi, ritmi, respiri, battito cardiaco. È molto facile pensare che questo lavoro sia solo virtuosistico, ma parlare in un certo modo vuol dire far battere il cuore in un certo modo e quindi mi sono messo a studiare l’arabo, perché è una lingua che ho sempre amato e in questo caso avevo naturalmente un ulteriore interesse. Ho scoperto che tante cose del Sud nel modo di concepire la frase sono le stesse, ad esempio non esiste il verbo avere in napoletano, qualcosa è sempre “a te”, e in arabo è la stessa cosa».
Per Martone Nostalgia è anche un’ideale chiusura di una recente trilogia sulla napoletanità, dopo Il sindaco del Rione Sanità e Qui rido io. «Mi sono stati proposti più volte romanzi anche molto vicini alle mie corde, ma se non scatta in me qualcosa di misterioso il film non lo faccio. Avevo girato nelle catacombe di San Gaudioso per un documentario ma non conoscevo di fatto la Sanità, da ragazzi non è che ci si andasse apposta. Il quartiere è un luogo di Napoli che a un certo punto è caduto in ombra, diventando un’enclave abbandonata, dove la camorra per tanto tempo ha portato i suoi scontri criminali facendola diventare terra di nessuno. Un luogo fuori dal tempo, un po’ un Far West, con qualcosa di mitologico e le catacombe sopra e sotto, la cosiddetta “valle dei morti”, dove venivano portati i corpi durante la pestilenza. Un luogo anche di fantasmi personali, di rapporti. Nella storia risuonavano anche mia madre, che non c’è più da molti anni, e mio papà, che faceva il pellicciaio. Speriamo che anche gli spettatori sentano risuonare nel film cose che li riguardino e tante emozioni vissute in prima persona, di dovunque essi siano, oltre a farsi domande su Napoli e sulla Sanità. E vorrei anche che si guardasse al lato femminile di questo film molto maschile».
«Nell’ultimo periodo mi è mancato il senso della condivisione, della comunità – aggiunge Favino, solleticato sul momento di difficoltà e incertezza delle sale cinematografiche post-Covid – anche se, lavorando in un mestiere che è totalmente collettivo, ho la fortuna di poterlo replicare. Se affidi l’esperienza della visione solo a un elettrodomestico di tua proprietà vuol dire che non accetti che qualcuno cambi il tuo percorso. Mentre si va al cinema per maturare, per diventare diversi, anche per confermare ciò che non ci piace. In ogni caso non lo puoi fare in un elettrodomestico che hai acquistato, che è una tua proprietà, e al quale ordino di dargli quello che mi piace e se non lo fa mi arrabbio. Per me il cinema è solo in sala, perché in sala mi abbandono così tanto da pensare che il sogno e la visione di qualcun altro siano anche mia».
Nostalgia, prodotto da Picomedia, Mad Entertainment e Medusa è nelle sale da oggi, 25 maggio, distribuito da Medusa.