A Cannes è arrivato giovedì sera Il traditore, unico film italiano in concorso della selezione di quest’anno e co-produzione tra il nostro paese, la Francia, la Germania e il Brasile. Si tratta del biopic che il regista Marco Bellocchio ha dedicato a Tommaso Buscetta, noto come il “Boss dei Due Mondi” e figura tra le più interessanti ed enigmatiche della storia della mafia siciliana, noto per essere stato il pentito maggiormente in vista dell’organizzazione criminale e probabilmente dell’intera storia politica e sociale del nostro paese. A prestargli corpo e voce, alle prese con un’interpretazione generosa e convincente, c’è Pierfrancesco Favino. Il film è uscito nelle sale ieri in 350 copie, distribuito da 01 Distribution e in concomitanza con il ventisettesimo anniversario della strage di Capaci.
«Non sapevo assolutamente nulla di Buscetta prima di fare questo film – ha spiegato Bellocchio, che firma la sceneggiatura con Valia Santella, Ludovica Rampoldi e Francesco Piccolo -, Ho iniziato a documentarmi, leggere libri, conoscere da vicino persone che l’avevano incontrato personalmente. Mi sono convinto del progetto studiando il personaggio. Dopotutto io vengo da Piacenza e Palermo, con le sue dinamiche di potere e i morti ammazzati, mi era molto lontana. Il Concorso di Cannes è una bella sfida, posso accettarla cercando solo di fare il miglior film possibile. Adesso ci mettiamo il costume e saliamo la Montée des Marches!».
La biografia di Buscetta viene ripercorsa dalla metà degli anni Ottanta, quando il malavitoso viene estradato dal Brasile, paese in cui si era rifugiato, e fa ritorno in Italia, dove ad attenderlo c’è la guerra scatenata da Totò Riina e dal clan dei Corleonesi per il controllo del traffico di droga (Palermo, in quel periodo, è la capitale mondiale dell’eroina). Hanno appena fatto fuori suo fratello e due figli e “don Masino”, inevitabilmente, è il prossimo sulla lista, in cima all’elenco dei cosiddetti “morti che camminano”.
Per Bellocchio l’aspetto più interessante di Buscetta è il suo non essere un traditore convenzionale, ma una figura originale e sfaccettata, con un’idea di abiura tutta sua. «Buscetta non è un eroe, ma è comunque un uomo coraggioso: non vuole essere ucciso senza un motivo, difende la sua vita e quella della sua famiglia, in un certo senso anche il suo passato. In questo senso è un traditore conservatore, vorrebbe anche tornare a Palermo anche se sa benissimo di non potervi più fare più ritorno. Che Guevara, Fidel Castro e Lenin per esempio sono stati dei traditori con una componente evolutiva, io stesso ho sconfessato la mia famiglia e la tradizione cattolica aderendo al maoismo. Per lui non è così, e questo aspetto mi ha molto affascinato».
«A differenza di altri mafiosi, che si erano dati alla lettura della filosofia, lui era rimasto ignorante – continua il regista, che il prossimo novembre compirà ottant’anni -, Era un uomo molto normale ma attraeva, aveva un carisma e un grande personalità, come mi hanno confermato tutti coloro che l’anno incontrato. Ho creduto che su di lui che si dovesse fare un film anche popolare, semplice nella forma. I delitti andavano senz’altro rappresentati, anche se è la prima volta che mi cimento con questo tipo di scene da film d’azione. Il fatto che molte persone mi dicano che mi sto rinnovando come regista mi rende molto felice».
Favino per il ruolo si è invece preparato duramente, tanto dal punto di vista intellettuale – le sue parole tradiscono una ricerca, uno studio e un’interiorizzazione delle implicazioni legate al personaggio non inferiori a quelle del regista – quanto da quello fisico. «Ho preso 8, 9 chili per interpretare Tommaso Buscetta. Il suo rimanda alla ruralità della mafia, che raramente è stata raccontata. Si tratta di un gruppo di imprenditori agricoli che anche in certi dettagli fisici si svelano per quelli che sono, con i loro corpi rotondi e l’aria tozza. Ingrassando Ho cambiato il mio modo di respirare, e se cambi il tuo modo di respirare cambi anche il modo guardare gli altri e quello con cui gli altri guardano te. Ho dovuto anche scaglionare la dieta, per essere credibile nel corso degli anni».
L’arco temporale del film arriva al 2000, anno in cui Buscetta morì a New York, con una serie di evoluzioni che passano direttamente dalla cronaca alla politica, intercettando anche la sua testimonianza chiave contro Giulio Andreotti, che si ridusse però a un autogol personale. Molto spazio è attribuito al legame con Giovanni Falcone, referente ed emissario dello Stato col quale Buscetta si dimostrò molto collaborativo e che fu forse l’unica persona a esercitare su di lui un fascino paragonabile a quello che Buscetta esercitava sugli altri. Le sue rivelazioni, com’è noto, porteranno al maxi-processo del 1986 a Cosa Nostra, con un’aula di tribunale trasformata nel palcoscenico di un atto d’accusa alla mafia senza precedenti.
«Tutto quello che sappiamo di Buscetta è quello che lui voleva sapessimo di lui – conclude Favino -, Si è costruito una memoria su misura, è stato un fine stratega anche nella comunicazione. È entrato nella mafia molto giovane, si è subito pentito, diceva che al massimo poteva essere considerato un contrabbandiere di sigarette. Le prime operazioni di chirurgia plastico di Buscetta risalgono a ben prima che fosse braccato e intorno a lui il vero e il falso si sovrappongono: di questo mito lui per primo era molto contento».
Il traditore è girato in molte lingue: italiano, palermitano stretto, portoghese e inglese. Nel cast troviamo anche Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Fausto Russo Alesi (Falcone), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò) e Maria Fernanda Candido (in foto qui sotto insieme a Favino e Bellocchio durante la conferenza stampa del film a Cannes), che interpreta Cristina, la moglie portoghese di Buscetta.
Foto: Getty Images
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