Cannes 2018, l’ultima provocazione di Jean-Luc Godard: la conferenza stampa sullo smartphone

Il grande regista transalpino, in concorso col suo Le livre d’image, ha stupito tutti con una conferenza stampa inattesa...e inconsueta

Cannes 2018, l’ultima provocazione di Jean-Luc Godard: la conferenza stampa sullo smartphone

Il grande regista transalpino, in concorso col suo Le livre d’image, ha stupito tutti con una conferenza stampa inattesa...e inconsueta

La conferenza stampa di Le livre d'image a Cannes 2018

Se Cannes sbarra le porte alla contemporaneità, Jean-Luc Godard la accoglie a braccia aperte.

Ecco allora il grande regista francese, con un colpo di scena estremo e spiazzante tanto quanto il suo cinema di oggi e di ieri, apparire in conferenz in una videochiamata su FaceTime, per la sua ultima gloriosa provocazione: una conferenza stampa a misura di I-Phone, con tanto di processione della stampa davanti allo schermo per porre le domande. Una scena a metà tra una messa laica e il teatro dell’assurdo.

Il tutto in estrema continuità col suo cinema, che come dimostra l’ultimissimo Le livre d’image, in concorso a Cannes 2018, continua a manipolare i generi, le forme, gli steccati, spingendosi al di là della forma-cinema propriamente detta e comunemente accettata: provocazione, saggio sperimentale, installazione video-artistica, diario citazionista, esperimento/blob, folle, caotico e lucidissimo, probabilmente destinato più alle gallerie dei musei più prestigiosi del mondo che alla sala. Tutto e il suo contrario. In una parola: Godard. Canuto, invecchiato, fisicamente appassito, con appena un fremito d’incertezza nella voce, ma ancora al massimo della sua forma e prestanza intellettuale, con l’intelligenza acuta e tagliente puntualmente pronta a stupire. Mai accomodante, sempre sulle barricate, sempre al limite. 

Ecco i punti salienti toccati dall’anziano maestro, ormai quasi novantenne (è nato nel 1930, ha 87 anni), in una conferenza stampa unica e irripetibile, che anche in virtù del suo “format” rimarrà nella storia di Cannes e che, come chi conosce il personaggio saprà già o immaginerà, non è stata fatto avara di provocazioni più o meno clamorose. Fermo restando che vedere una platea di giornalisti avvicinarsi in massa a un cellulare per sentire parlare un regista, con una devozione imbarazzata, ammutolita e quasi religiosa per un momento così stralunato e insieme spiazzante, non capita certo tutti i giorni.

Gli attori

Hanno contribuito a portare un totalitarismo all’interno del cinema. La dittatura dell’immagine filmata è il contrario dell’immagine filmata.

Cannes e il suo direttore

Ho visto più film io in quattro anni che Thierry Frémaux per il suo festival in tutta la sua carriera.

(A chi gli chiede di aver visto un frammento di cinema di Michael Bay nel suo film, con annessi strali di Godard contro le semplificazioni di Spielberg e soci)

Non me ne ricordo, mi dica cosa ha visto.

Le livre d’image

Ho solo fatto un film. Non è un film politico, direi che è più un romanzo. Data la mia età, non posso che essere interessato ai fatti. Non conta tanto quello che sta accadendo, ma ciò che non sta succedendo e la connessione tra le due cose. Possiamo anche parlare solo di ciò che si è già verificato, ma alla gente interessa di più l’altro lato della faccenda…

Il perché del titolo

Non sono io che scelgo il titolo. È il titolo che sceglie me.

Gli arabi

Non hanno bisogno degli altri. Hanno inventato la scrittura, la matematica e tante altre cose. Possono sopravvivere benissimo senza l’Occidente, credo che siano completamente autosufficienti. Possiedono il petrolio, molto più del necessario. Possono vivere benissimo da soli.

Il cinema

Credo sia una piccola Catalogna, che fa fatica a sopravvivere. I veri cineasti sono anarchici.

I nuovi media

Dalla televisione e da facebook non si impara molto. Per questo io guardo la tv senz’audio.

Il montaggio

È la vera regia, il solo modo per congiungere passato e futuro mostrandoli insieme. Un tempo si faceva solo con le mani, era un mistero. Filmare è solo post-produzione, puoi pensare di più e con più libertà. Non si potrebbe fare niente senza usare le mani, anche per un solo giorno. Abbiamo cinque dita e insieme formano una mano: il mio film voleva sottolineare l’importanza delle cinque dita e come lavorano insieme per formarla. Senza le mani, non resterebbe nemmeno un istante della nostra vita. Provate a pensarci: non si potrebbe mangiare, lavorare, amare.

Il linguaggio

Non necessariamente è un discorso. Il mio progetto voleva separare la musica dalle immagini. La prima non doveva essere un mero accompagnamento, ma creare con le immagini una discussione. Sono fermamente convinto che i fratelli Lumière quando girarono L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat avevano pensato proprio a questo. Il suono non dovrebbe mai stare troppo ravvicinato alle immagini e una proiezione dovrebbe avvenire sempre all’interno di un bar, non sulla tv, in modo da vedere il film come un film muto, con il suono che proviene da diverse parti e che risuona maggiormente da chi parla a voce più alta. Così facendo gli avventori del bar capirebbero in un sol colpo la connessione tra immagini e suoni.

Infine, la domanda più estrema: ma ci sarà ancora posto per il cinema nella vita di Jean-Luc Godard?

Sì, senz’altro. Dipende dalle mie gambe, molto dalle mie mani e un po’ dai miei occhi. Molte persone oggi hanno il coraggio di vivere, ma non più quello di immaginare. Io ho almeno il coraggio di immaginare la mia vita e questo mi rende possibile continuare a salire a bordo del treno della Storia.

Foto: Getty Images

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