Accusato di italofilmicidio

Accusato di italofilmicidio

Chi non fa sesso parla di sesso, chi ha fame parla di cibo, chi non ha soldi parla di soldi e i nostri oligarchi e banchieri parlano di moralità. E chi non fa cinema parla di cinema. Ok, l’ultima frase non è di Freud, ma la scriverebbe di certo se vivesse nei social del duemilaventitre. Ma lo avrebbe detto anche all’inizio degli anni Duemila.

Quando ero un ragazzino incazzato e frustrato appena entrato al Centro Sperimentale. Non mi andava bene niente. Faceva tutto schifo. Ogni visione partecipata era ricca di insulti. Una volta, ero giurato alla festa del cinema di Roma e lanciai una scarpa verso lo schermo perché il film che stavo vedendo mi sembrava ignobile. Quella sera, purtroppo, in sala c’era un giornalista, che stimo anche molto, che si chiama Michele Anselmi. Scrisse del lancio nel suo pezzo e la cosa finì lì. Di certo nessuno avvisò il regista del film della cosa. Figuriamoci gli attori.

Oggi, invece, c’è gente che, dopo essere andata a vedere il mio ultimo film, si è premurata di fare un video, insultare senza pietà, definire morto il cinema italiano e darmene anche colpa, e poi, giustamente, taggarmi. Ora mi taggano, sui social, perché sono stato unto dal signore e mi hanno riconosciuto la spunta blu. Sono famoso per davvero. Beh, sono stato protagonista di un film commedia che è andato molto male in sala, devo per forza essere un attore famoso, in Italia. E insomma, mi taggano. E io guardo tutti i video, di notte. E allora capita che svegli la mia ragazza alle tre e le chieda: “Ma il cinema italiano è morto per colpa mia?”. Non risponde. Lo richiedo, ma con più veemenza. Finge di alzare le coperte e mi tira un ceffone. E allora io vado al tag successivo. Prima, però, guardo chi ha scritto\fatto un video così feroce, spesso davvero senza costrutto, ma livoroso per il semplice gusto di esserlo, soprattutto perché essere cinici funziona un sacco sui social: dire che tutto è una merda e dirlo anche in maniera sagace tira un sacco di follower. Ecco, controllo e scopro che quel content creator in realtà scrive “regista” a lavoro. Quasi con la stessa frequenza c’è scritto “attore”. Meno volte “poeta”. Mai che ci legga, che so, dentista. Ingegnere. Carpentiere. Impiegato di concetto. No. Sono tutti meravigliosi wannabe, come lo ero io a 20 anni. Ma loro, però, non ne hanno più 20. Magari hanno passato i 30. Sfondato i 40. E allora, che so, non ce l’hanno fatta e hanno aperto un blog, una pagina Instagram, un videonoleggio. E parlano, parlano, parlano, ma un fotogramma non l’hanno mai girato in vita loro. Con un produttore non ci hanno mai parlato.

Non hanno mai dovuto essere maestri in quella che è la sublime arte indispensabile nel cinema italiano: l’arte del compromesso. Ma sanno essere sagaci, sanno strizzare l’occhiolino ai loro seguaci, sanno postare video di 48 minuti per recensire un film di 90. Una cosa è certa: loro sono meglio di me. Loro hanno capito tutto. E allora penso al me ragazzino, che insultava tutto e tutti, quando era al bar del CSC, in mezzo ai suoi colleghi di studio, per cui l’ultimo di Moretti faceva schifo, Sorrentino non era capace, Garrone non sapeva scrivere e Avati non sapeva dirigere gli attori. Figuriamoci Bellocchio: lui, proprio, era finito e non se ne voleva convincere. Ecco, penso a me e ai miei amici. Adesso ci sentiamo un po’ meno, certo. Ma ci chiamiamo dopo aver visto un film. “Beh, com’è?” dice uno. “Mah”, dice l’altro. “Certo, chissà che casino sul set”. “Si vede che non avevano budget”. “Sì, ma come l’hanno girata quella sequenza?”.

Ora, sia chiaro, a te lettore di Best Movie, a te spettatore medio, non deve fregare NULLA di tutto ciò. Tu guardi un film e ti fai la tua opinione, ma se hai speso sette euro per vederlo, devi vederci il sangue sputato, dentro. E hai ragione. Ti importa del prodotto finito, non di come ci sia arrivato. Sono d’accordo. E allora io mi chiedo come fare, per fare un po’ meglio. Per sbagliare di meno. Per fare una cosa fatta meglio, che ti giustifichi a spendere sette euro la prossima volta. Perché io, poi, sul set, ci vado. In un modo o nell’altro. Ora scusate, ma un tizio con 18 follower ha appena detto che ho la faccia più anticinematografica della storia. Che dite, sveglio Ilaria?

 

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