Ispirato alla vicenda dei procuratori Julio Strassera (Ricardo Darín) e Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani), che nel 1985 osarono indagare e perseguire i responsabili della fase più sanguinosa della dittatura militare argentina, Argentina, 1985 è il racconto del processo – una sorta di Norimberga latina – che col suo portato simbolico e il suo valore di cesura contribuì a cambiare il volto del paese sudamericano, segnandone un prima – “feroce, clandestino e vigliacco”, dice Strassera – e un dopo tutto da scrivere.
Il regista Santiago Mitre, reduce dal politico Il presidente (2017), costruisce un legal drama storico al contempo coinvolgente e ironico, limpido e commosso, che oscilla con grazia tra l’incalzare delle requisitorie nelle aule di tribunale e il tepore affettuoso e malinconico del focolare domestico, tra il monito del nunca más e la commedia corale della militanza tambureggiante.
Targato Amazon Studios (è appena approdato su Prime Video) e presentato in Concorso a Venezia 79, quello di Mitre, che l’ha scritto insieme al Mariano Llinás del fluviale e ultra-cinefilo Lla For, è un affresco impegnato ma solare e popolare, di robusto mestiere civile ma in nessuna occasione gravoso e pedante, capace di pescare il lampo dell’empatia e la zampata umanissima e struggente anche nel faccia a faccia con la notte più nera della sospensione dei diritti (il genocidio perpetrato ai danni della popolazione argentina fu chiamato “guerra sucia”, “guerra sporca”).
Ricardo Darín nei panni del “Loco” Strassera aggiunge una altro ruolo memorabile, per eleganza e sottigliezze recitative, alla sua ampia galleria di personaggi mai avari di sfumature e vitalità, anche nell’apparente grigiore impiegatizio.
Foto: La Unión de los Ríos, Kenya Films, Infinity Hill
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