Alberto Boubakar Malanchino, volto della serialità televisiva noto per le sue partecipazioni in serie di successo come Summertine e Doc – Nelle tue mani e doppiatore di Buzz nella nuova avventura d’azione Disney Pixar Lightyear – La vera storia di Buzz, è stato protagonista al Best Movie Comics & Games di un talk dal titolo “Verso l’Infinito e Oltre: dare la voce a Buzz Lightyear”, cui ha fatto seguito la proiezione del documentario making of sulla lavorazione del film, dal titolo Oltre l’infinito: Buzz e il viaggio verso Lightyear.
Nel corso del suo panel, Malanchino ha raccontato nel dettaglio l’esperienza da doppiatore nella space opera Disney Pixar, nella quale ha avuto l’opportunità di prestare la sua voce al ranger spaziale più amato e iconico del cinema d’animazione, protagonista in versione giocattolo dell’indimenticabile saga di Toy Story e tornato al cinema in versione “realistica”. «Non è stato un provino di routine – ha specificato in apertura di talk Malanchino, che ha ricevuto una calorosa accoglienza al Superstudio di Via Tortona, a proposito dell’inizio della sua avventura – Disney Pixar Italia voleva sentire la mia voce e il match tra il personaggio e le mie caratteristiche. Il primo take era una scena completa, nella seconda c’era Buzz che non muoveva la bocca e nella terza non muoveva neanche le mani, era una specie di burattino. Nel giro di dieci giorni mi è arrivata la risposta, ed è andata così. Tra il primo trailer e l’ultimo si sente una differenza sostanziale, perché mi hanno chiesto di scurire la voce».
«Ci tengo a ringraziare pubblicamente Massimiliano Manfredi, il direttore di doppiaggio che mi ha fatto doppiare Buzz con le sue cuffie, le cuffie di Thor! – ha aggiunto – Dal provino fino al risultato finale abbiamo trovato un match vocale e mi emoziono ancora a sentire la mia voce sul personaggio. Abbiamo fatto il doppiaggio in circa quindici turni, e un turno di doppiaggio dura circa tre ore».
«Doppiare Buzz significa doppiare un personaggio amatissimo e già ampiamente nel cuore del pubblico, con delle prerogative ben definitive. Buzz è un personaggio involontariamente comico, è un fiero cogl**ne, è molto intelligente e sicuro di sé, di quelle persone che quando fanno delle gaffes sono ancora più grosse perché non riescono a prendersi in giro – ha spiegato l’attore, per poi allargare la riflessione al doppiatore storico di Buzz nella versione italiana – Massimo Dapporto è stato per me un maestro inconsapevole, ma chiaramente ho dovuto costruire anche un mio Buzz originale. Questo viene proposto come il film che ha fatto innamorare Andy di Buzz da bambino e ho preso spunto da delle sfumature e umanizzazioni di quel doppiaggio, che ho considerato uno spunto fondamentale per creare un lavoro autonomo. Il Buzz del cartoon è per certi versi più mostruoso. Se avessero voluto una voce più simile a quella di Massimo Dapporto avrebbero fatto un altro tipo di scelta sicuramente. Anche i trapper napoletani prendono la trap marsigliese e le sue metriche, per citare un modello di musica e un genere molto attuale, e la rielaborano, ma nel momento in cui lo fanno non la stanno certo copiando. Se senti Chris Evans, che ha doppiato Lightyear nella versione originale, il doppiatore americano del passato Tim Allen e Dapporto fanno la stessa cosa ma con tre anime diverse, perché sono tre interpreti diversi».
Quello del doppiatore è anche un mestiere denso di tecnica e impegno, nel quale è necessario tradurre in un’altra lingua ciò che un dato interprete e attore ha già fatto magari egregiamente nella sua. «Da una parte c’è sicuramente lo studio, perché il tempo della comicità è sempre diviso in tre tempi, che sono anche i tempi della vita, nascita crescita e morte. Gli esseri umani sono sempre un po’ trini. Quando sei in sala di doppiaggio devi sempre trovare il tono della comicità dell’inglese americano rispetto all’italiano, è completamente diverso. L’inglese come lingua è più fluida rispetto all’italiano, ma è anche meno articolata, più asettica se vogliamo, non c’è la nostra gesticolazione con le mani, e nell’adattamento il direttore del doppiaggio ti dà sempre un grosso aiuto».
Lightyear – La vera storia di Buzz racconta di fatto le origini di Buzz Lightyear e segue il leggendario Space Ranger dopo che costui è rimasto bloccato su un pianeta ostile a 4,2 milioni di anni luce dalla Terra insieme al suo comandante e al loro equipaggio. Mentre Buzz cerca di trovare un modo per tornare a casa attraverso il tempo e lo spazio (viaggiando «Verso l’infinito e oltre!», avrebbe detto la sua versione in miniatura), si uniscono a lui un gruppo di ambiziose reclute e il suo irresistibile gatto robot di compagnia, Sox.
Non sono mancate, naturalmente, le difficoltà. «Un po’ tutto il lavoro è stato complicato, ma le scene più difficili sono quelle più emotive, quelle che ti portano al pianto. La prima volta hai l’onestà del sentimento, la seconda volta hai la tecnica insieme all’onestà. Bisogna riuscire a ricreare la sensazione senza perdere originalità e freschezza. Riguardo le scene comiche penso di avere delle venature da commedia abbastanza accentuate, mentre la cosa più difficile è stata simulare il senso di autorevolezza di Buzz sugli altri: lui ha questi repentini cambi di ritmo, un attimo prima ti parla normale e l’attimo dopo è già “operativo”».
Sul suo film d’animazione preferito Malanchino non ha dubbi («Sono cresciuto col primo Toy Story, anche se Il re Leone è il mio preferito. Riprende Shakespeare, Riccardo III, l’Amleto, hanno rubato bene»), mentre la sua poliedrica carriera, che vanta anche una solida formazione teatrale, si arricchirà dal prossimo 29 giugno all’Elfo Puccini di Milano con lo spettacolo The Boys in the Band, opera teatrale del commediografo americano Mart Crowley andata in scena per la prima volta a New York nel 1968 e che sarà in tournée italiana con l’adattamento di Costantino della Gheradesca e la regia di Giorgio Bozzo. Considerato uno dei testi fondamentali del teatro LGBT, è stato portato al cinema da William Friedkin nel 1970 nel film Festa per il compleanno del caro amico Harold.
«Racconta di un gruppo di ragazzi omosessuali che si raduna per questa festa di compleanno in un momento storico in cui la società americana non permetteva di esprimere identità sessuali, lasciando dunque spazio alle nevrosi dei personaggi – spiega Malanchino in chiusura di panel – Parla di una società in cui vivendo in un certo modo non si può non tirare fuori la parte peggiore di sé. Finché ci sarà una singola persona al mondo che non potrà esprimere sentimenti e pulsioni liberamente, questo spettacolo avrà sempre un valore civile». Nel futuro di Malanchino, premiato al Best Movie Comics & Games col premio destinato alla rivelazione («Il primo riconoscimento che ricevo, mi avete battezzato»), c’è poi la terza stagione di DOC – Nelle tue mani, attualmente in fase di scrittura, come confermato quest’oggi al nostro evento sia da Matilde Gioli che da Alberto Malanchino: «Se l’ha detto Matilde, posso confermarlo anch’io!».
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