Al principio, nel secolo scorso intendiamo, c’era il rotoscopio. I fratelli Lumière avevano già inventato il cinematografo intorno al 1895, anno più anno meno, e nel 1914 il polacco Max Fleischer ha un’intuizione: dirige tre corti, ne fa una serie e inventa la rotoscopia, la tecnica di animazione che prende vita dalla pellicola. Fleischer potrebbe risultare un nome meno famoso dei fratelli Lumière, ma a dir la verità dietro grandi piccoli personaggi come Betty Boop, Braccio di ferro e Superman c’è proprio lui, Fleischer.
E ora cosa c’entrano Fleischer e la rotoscopia con Caffè Corto? Erano anni che in Italia – così ci risulta ma siamo pronti a rimangiarci le parole, se ci scriverete dimostrando il contrario – non si produceva un cortometraggio realizzato con la tecnica della rotoscopia e le immagini di repertorio. Sì, perché la storia di Anne, il film di Stefano Malchiodi e Domenico Croce (vincitore del David di Donatello 2021 e ora disponibile su RaiPlay), è proprio questo. Animazione rotoscopica, immagini di repertorio dell’Archivio Storico Istituto Luce, in una storia vera in lingua inglese perché ispirata a eventi americani realmente accaduti. Ovvero, la sorprendente infanzia di James Leininger, un bambino nato in Louisiana, i cui incubi erano popolati di avvenimenti storici. Aveva solo sei anni, era il 2002, quando James “sognava” la battaglia di Iwo Jima avvenuta nel 1945 e i suoi ricordi coincidevano con il vissuto di un pilota d’aerei, James Houston II, morto in Giappone.
James junior sapeva indicare l’isola di Chichi Jima sulla cartina geografica, riconosceva il posto dove l’aereo di Houston II era stato abbattuto. Tutti eventi particolari legati – dipende dalle proprie convinzioni – al mistero, al paranormale o anche alla fede nella possibilità della reincarnazione. Il nome Anne è proprio quello della sorella del pilota d’aerei, convinta che suo fratello si fosse reincarnato nel piccolo James perché doveva ancora terminare una missione.
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