Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti: no, il film testamento no! La recensione

Selezionato a Cannes in concorso, l’iconico autore di Caro Diario torna al cinema (e alla commedia) il 20 aprile, a due anni dall’ultimo Tre Piani

Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti: no, il film testamento no! La recensione

Selezionato a Cannes in concorso, l’iconico autore di Caro Diario torna al cinema (e alla commedia) il 20 aprile, a due anni dall’ultimo Tre Piani

il sol dell'avvenire
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PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

“Le parole sono importanti” urla Michele Apicella a una giornalista, criticando il suo utilizzo di espressioni non adatte alla sua professione o di inglesismi puerili che sviliscono la loro conversazione. Questo scambio surreale, presente in Palombella rossa (1989), si è subito impresso nell’immaginario collettivo in maniera indelebile. Al tempo stesso, insieme a numerose citazioni dai film di Nanni Moretti, della suddetta frase è ignota ai più la provenienza o l’autore.

Eppure Il Sol dell’Avvenire vede, come un tentativo in extremis di realizzare il musical tanto agognato da tutta la sua carriera, una tra le sequenze principali in cui una troupe, capitanata dal regista Giovanni (Moretti stesso), canta “Sono solo parole” di Noemi prima di far partire il primo ciak. In questa piccola scelta all’interno di una scena a dir poco esilarante, l’autore scopre subito le carte, dichiarando la natura riepilogativa del proprio ultimo lavoro, continuamente interconnesso con le sue opere precedenti.

Giovanni, dicevamo, è un regista pronto alle riprese del suo ultimo lungometraggio, una storia d’amore impossibile tra un segretario del Partito Comunista Italiano (Silvio Orlando) e una più sovversiva compagna (Barbora Bobul’ova), sullo sfondo di una Roma del 1956, nel momento dell’ingresso dei carri armati sovietici a Budapest. Giovanni, tra un’idiosincrasia e l’altra, dovrà affrontare la vita fuori dal film, il rapporto in crisi con la moglie Paola (Margherita Buy) in primis.

Quasi un seguito spirituale di Aprile, il suo film in cui si confondono maggiormente realtà e finzione, il gioco autobiografico divertente e divertito diventa anche l’occasione per proporre al pubblico uno squarcio sulla stato attuale dell’industria cinematografica italiana, tra l’avvento delle politiche Netflix e prodotti audiovisivi sempre più incentrati sulla violenza come becero intrattenimento. In un contesto in cui si sente alieno e alienato, Moretti prova a fare il punto della situazione, non lasciando mai lo spettatore senza un sorriso stampato in faccia, e a collocarsi all’interno di un mondo così diverso da quello popolato dai suoi precedenti alter ego.

Il fondatore dell’Unità a cui dà vita Ennio (Silvio Orlando), in questo ennesimo “film nel film”, incarna alla perfezione questa condizione di Nanni Moretti, intrappolato in un’ideologia che si ritrova solo a portare avanti. La chiave de Il Sol dell’Avvenire risiede proprio in questa presa di consapevolezza, che avanza di pari passo con l’intreccio del racconto: per sopravvivere alla solitudine è necessario aprirsi agli altri, tanto alla collettività quanto all’eredità che si lascia ad essa.

Per questo motivo il film è costellato di rimandi, visivi (il plaid di Sogni d’oro) e verbali, ai lavori del passato: non si tratta di un mero citazionismo autocompiaciuto, ma di un ricordare come ancora di salvezza, nella quale ritrovare la leggerezza, tipica di un film colmo di canzoni italiane, con la quale affrontare il mondo che cambia.

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