Molestie sessuali sul lavoro: la legge di bilancio 2018

Molestie sessuali sul lavoro: la legge di bilancio 2018

molestie sessuali sul lavoro

Molestie sessuali sul lavoro: secondo quanto stimato dall’Istat, in Italia, quasi 9 milioni di casi negli ultimi tre anni. Nella legge di bilancio del 2018 sono presenti, in particolare, due norme atte a tutelare coloro che decidono di agire in giudizio a riguardo. Il dipendente o la dipendente che denuncia il datore di lavoro, innanzitutto, non può essere licenziato/a o trasferito/a. Questo, ovviamente, a meno che non stia dicendo il falso.

Ma, con ordine, esaminiamo più nei dettagli quanto stiamo dicendo.

Molestie sessuali sul lavoro: la modifica della normativa esistente

Per essere precisi, la manovra di fine 2017 (legge n. 205, entrata in vigore dal 1° gennaio di quest’anno), andrebbe a modificare la normativa già esistente. In particolare, quello che viene definito come “il codice delle pari opportunità tra uomo e donna“. Vengono aggiunte, dunque, due nuove previsioni alla stessa.

La prima ribadisce quanto contenuto nel codice civile, nel D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198 recante codice delle pari opportunità tra uomo e donna e, in particolare, sull’art. 26 rubricato “Molestie e molestie sessuali”. Sottolinea, cioè, che uno dei doveri del datore di lavoro sia garantire una condizione di impiego entro la quale la venga tutelata l’integrità tanto fisica che morale, oltre che la dignità dei propri dipendenti. Al fine di raggiungere ciò, ruolo cruciale è esercitato dalle associazioni sindacali, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione.

La seconda, come si accennava, riguarda le eventuali “ritorsioni” sul posto di lavoro, di cui il/la dipendente avrebbe avuto timore. Da quest’anno, infatti, è stata aggiunta una precisazione che tutela per chi vuole denunciare una molestia o una molestia sessuale avvenuta in azienda, o le discriminazioni da esse derivate. Infatti, il/la dipendente non potrà assolutamente essere sanzionato/a o privato/a delle proprie mansioni abituali. Nè essere licenziato/a o trasferito/a. Nè, insomma, subire dei cambiamenti in negativo riguardo alla propria condizione di lavoro usuale.

A ciò, però, viene aggiunta un’importante precisazione: la tutela del lavoratore che accusa il datore di lavoro viene meno in caso di calunnia o diffamazione. Nel caso, cioè, sia possibile dimostrare che il/la dipendente stia mentendo.

Se, invece, le accuse risultassero vere e fondate, sarà necessario accertare quanto in là si è spinto il datore di lavoro. Infatti, penalmente, l’aver allungato le mani, per esempio, andrebbe a integrare il reato di violenza sessuale (che non prevede necessariamente la consumazione del rapporto).

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Photo Credits: Istock

Molestie sessuali sul lavoro: il film Nome di donna

A questo punto, vogliamo segnalarvi un film, molto recente e made in Italy che tratta precisamente di questo argomento. Si tratta di Nome di donna, pellicola del regista Marco Tullio Giordana, uscito – non a caso –  nelle sale l’8 marzo di quest’anno.

La protagonista è Nina Martini (Cristiana Capotondi), donna che decide di trasferirsi con sua figlia in Brianza, alla ricerca di un lavoro. Fortunatamente, riesce a essere assunta presso una residenza per anziani. Tuttavia, la sua tranquillità è messa a serio rischio, quando inizia a subire delle avance inappropriate che sfociano in vere e proprie molestie, da parte del responsabile della struttura.

Nina, a questo punto, capisce che è necessario denunciare il suo capo. Dovrà allora lottare contro l’omertà delle proprie colleghe e contro un sistema amministrativo complicato e conservatore.

Il film mira a sottolineare l’importanza di non avere paura di raccontare la verità. L’importanza di non arrendersi, accettando di subire questi comportamenti pesanti e inappropriati. Perché tutti, uomini e donne, abbiamo il diritto di vivere serenamente le ore trascorse fuori casa, al lavoro.

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Fonte Instagram @cristianacapotondi

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