Un anno e mezzo fa quando Suburra debuttò in tutto il mondo in contemporanea, come avviene per tutti i prodotti originali Netflix, l’attesa era molto alta perché per la prima volta la piattaforma di streaming statunitense realizzava una scripted series in Italia.
Questo voleva dire esportare il made in Italy in tantissimi paesi del mondo e sotto questo punto di vista la scelta non è stata delle più coraggiose: invece che dare fiducia a idee nuove e realmente rappresentative della creatività di giovani autori italiani si è scelto di giocare in sicurezza optando per il classico intrigo di potere che coinvolge criminalità organizzata, Chiesa e Politica, entrambe ovviamente corrotte.
La prima stagione è stata caratterizzata da una profonda spaccatura che ha visto da un lato due personaggi ottimamente sviluppati e capaci di costruire una relazione intrigante e ricca di ambiguità (Aureliano e Spadino), dall’altra una rappresentazione del contesto politico ed ecclesiastico superficiale e dai risvolti narrativi prevedibili, non supportata – come se non bastasse – da attori rivelatisi decisamente non all’altezza dei ruoli (in particolare Claudia Gerini e Filippo Nigro).
La seconda stagione doveva dimostrare di riuscire a migliorare i punti deboli dalla prima mantenendo e magari fortificare i punti di forza. Sintetizzando al massimo, prima di andare in profondità, si può dire che, a conti fatti, il primo obiettivo è stato abbastanza centrato, mentre per quanto riguarda il secondo si è trattato di un fallimento.
I miglioramenti stati sono netti dal punto di vista dell’intreccio narrativo complessivo, in particolare perché gli autori sono riusciti a collegare in modo ben più efficace rispetto all’anno precedente le vicende politiche con quelle criminali e quelle che coinvolgono i rappresentati della Chiesta. In questo senso svolgono un ottimo lavoro i nuovi personaggi: Nadia, figlia di un boss di Ostia che sviluppa un rapporto speciale con Aureliano; Cristina, la cui relazione con Lele tende un ponte tra istituzioni e criminalità; Adriano, speaker radiofonico che collega politica e criminalità passando dal basso, intercettando il sentiment dei romani a partire dal collante calcistico.
Questa parte del racconto, per quanto sia decisamente migliorata rispetto all’anno scorso, risente ancora della pessima interpretazione degli attori “storici”, che soprattutto nelle sequenze più drammatiche rischiano di ottenere un effetto ironico involontario. Il problema principale però sta nel fatto che contemporaneamente al leggero miglioramento dei punti deboli, Suburra nella seconda stagione depotenzia quelli che erano i suoi punti forti.
Il rapporto tra Aureliano e Spadino, facendo eccezione per alcuni momenti ben riusciti, non ha nulla della potenza che aveva nella prima stagione, sia per le ambiguità della loro relazione, sia per il significato che la loro amicizia aveva riguardo ai conflitti generazionali di cui erano protagonisti. Questa volta, disintegrato il racconto di formazione, i due protagonisti hanno decisamente perso intensità e il loro impatto ha meno mordente che in passato.
La stagione si conclude con un cliffhanger prevedibile ma necessario (che non riveliamo) e si dà quindi per scontato che la Suburra verrà rinnovata per una terza annata, che a questo punto sarà una fondamentale prova del nove per il futuro della serie.
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