Chioggia. In una base militare americana arriva un nuovo colonnello (Chloë Sevigny): donna, lesbica, sposata con una sottoposta (Alice Braga), con un figlio adolescente che tratta con inesauribile tenerezza nonostante la rabbia altrettanto inesauribile del ragazzo. Nella base lui e i suoi coetanei vanno a scuola e al cinema, fanno la spesa, si allenano e si incontrano clandestinamente nascondendosi tra i simboli della patria: bandiere, monumenti, palestre e campi d’atletica che tornano buoni anche per esercitazioni e sfilate. Oltre il perimetro c’è il nord-est italiano, dalle spiagge veneziane svuotate dalla bassa stagione fino alle montagne del Trentino, e un’umanità indecifrabile che è il punto di fuga dall’ammasso di regole e principi della base.
We Are Who We Are è, proprio come Chiamami col tuo nome, il coming of age di un teenager omosessuale, suscitato dallo spaesamento geografico di un americano tradotto in un’Italia provinciale. Cambia invece completamente il contesto: la linea di passaggio tra adolescenza ed età adulta è anche la linea che confina i ragazzi nel campo militare, sperandoli dal mondo e originando le loro fughe, materiali e sentimentali.
Contemporaneamente Luca Guadagnino, assieme ai due co-sceneggiatori Francesca Manieri e Paolo Giordano, lavora allo smontaggio dei cliché del cinema bellico e patriottico, mettendo la base in mano a una donna che non alza mai la voce, esercita il suo potere senza esibire prepotenza e soprattutto incarna un modello familiare ultra-progressista, facendo buon viso perfino ai tradimenti della moglie e alle manifestazioni più violente del disagio del figlio.
Il cuore della serie resta però il rapporto tra il protagonista Fraser e l’amica Caitlin, interpretati in modo pazzesco da Jack Dylan Grazer (It, Shazam!) e l’esordiente Jordan Kristine Seamón. Entrambi impegnati in un percorso di scoperta di sé che va oltre l’inversione dei ruoli di genere, diventando un affresco della fluidità sessuale degli adolescenti, un’ode commovente all’amicizia e alla complessa esplorazione del proprio desiderio. Qui davvero Guadagnino compie un piccolo prodigio, trasferendo allo spettatore il suo amore e la sua empatia per i personaggi, scatenandoli in un racconto audiovisivo che rifiuta una misura raccomandabile (vedi l’episodio 4, con il matrimonio dei ragazzi che finisce quasi in un’orgia) ma così facendo trova il ritmo irregolare della vita, la furia e lo sconcerto delle passioni infantili.
We Are Who We Are ha anche un sottotitolo, nel senso che tutti gli episodi hanno lo stesso nome, numerato da 1 a 8, quasi a suggerire una natura potenzialmente antologica della serie: Right Here Right Now. Qui e ora, senza passato e senza futuro, i teenager e i loro intrecci esistenziali si specchiano in quelli della premiatissima Euphoria; ma pur rispondendo a un’intenzione creativa simile, paiono godere di una libertà inedita, al punto di incontro tra il documento e la letteratura.
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