Alla fine dei quattro episodi di L’amica geniale è possibile dirlo con sufficiente certezza: si è trattata di una delle serie più importanti e ben riuscite dell’anno.
La regia di Saverio Costanzo e la squadra di sceneggiatori che hanno lavorato alla trasposizione del primo dei quattro libri di Elena Ferrante hanno trovato un’amalgama perfetta, riuscendo a mettere in evidenza alcune delle peculiarità principali del testo di partenza. L’azzeccatissimo cast ha poi fatto la differenza nel rendere potenti tutte quelle parti in cui l’interpretazione delle attrici e degli attori doveva far la differenza.
Il settimo episodio arriva dopo uno dei finali più crudeli e dolorosi di quest’anno e ha il compito di ricollocare Lenù all’interno dell’ambiente in cui si è sempre mossa. Dopo la disgustosa violenza sessuale subita dalla protagonista alla fine del sesto episodio (comprensibile solo in parte agli spettatori che l’hanno vista su Rai 1, vista la censura da parte della rete) Lenù è traumatizzata, priva di brio e incapace di leggere come un tempo il mondo che le sta intorno. A ciò si aggiunge anche la sensazione di spaesamento dovuta a un Rione i cui equilibri sono cambiati durante la sua assenza estiva, soprattutto per quanto riguarda la sua migliore amica. Dopo l’insistenza di Marcello Solara che le ha tolto fiato ed energie, la giovane Cerullo ha deciso che l’unico modo di sfuggirgli è scegliendo un altro, ovvero il ricco e ambizioso Stefano, che ai suoi occhi sembra almeno in parte diverso da Marcello.
Anche in questo caso Lenù vede Lila come qualcosa da inseguire in maniera imperterrita, affannosa, perché sempre un passo più avanti, anche con gli uomini. È a questo punto che Lenù sceglie di giocare sullo stesso campo lanciandosi nella propria educazione sentimentale, e non potendo avere il tanto desiderato Nino, opta per una storia con Antonio. Il trauma di quella notte con Donato Sarratore è ancora fortissimo e in una bellissima scena in cabina con Antonio, Lenù dimostra sia di avere delle ferite ancora aperte, sia di riconoscere in quell’esperienza qualcosa che aveva in ogni caso a che fare anche con il piacere.
La coppia di episodi e l’intera stagione si concludono con l’attesissima scena del matrimonio, non prima però di aver approfondito nella maniera più dettagliata possibile le contraddizioni e i conflitti delle due protagoniste, in particolare per quanto riguarda la trappola in cui è finita Lila, la quale nonostante la voglia di emergere e il tentativo di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, è finita schiacciata da un mondo che, in un modo o nell’altro, è riuscito a metterle la testa sotto la sabbia.
La stagione si conclude con la macro-sequenza del matrimonio in cui la disponibilità di mezzi della produzione italo-americana sfoggia tutto il suo potenziale presentando un contesto incredibilmente particolareggiato nelle ambientazione e ripreso in maniera perfetta da Saverio Costanzo (e non era affatto semplice) che riesce a dare il giusto risalto a ogni interprete.
Durante la festa di matrimonio l’intero castello di carte costruito sulle illusioni delle due protagoniste crolla miseramente mostrando le asperità di un mondo in cui Elena e Raffaella possono fare qualcosa solo se unite, ma sono destinate a soccombere quando sono lontane. I momenti tra Lenù e Nino fanno emergere tutte le somiglianze tra i due e Sarratore, padre e figlio: l’arroganza e l’assoluta mancanza di empatia fanno male come colpi di pistola, ma non è nulla rispetto al dolore di Lila non le momento in cui vede le scarpe realizzate con le proprie mani ai piedi di Marcello Solara, simbolo del tradimento di suo marito Stefano.
È su queste note di dolore che si conclude la prima stagione di i, un successo per l’Italia e per gli Stati Uniti che tornerà l’anno prossimo con una promettente annata, a giudicare dall’elevata qualità del secondo libro scritto da Elena Ferrante.
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