Euphoria, il ritratto della generazione Z targato HBO – La recensione

Il talento di Sam Levinson al servizio di uno show che racconta gli adolescenti contemporanei con coraggio e uno stile sopra le righe

Euphoria, il ritratto della generazione Z targato HBO – La recensione

Il talento di Sam Levinson al servizio di uno show che racconta gli adolescenti contemporanei con coraggio e uno stile sopra le righe

Cosa fare quando sei HBO e facendo eccezione per prodotti irripetibili come Il trono di spade vedi il tuo pubblico invecchiare sempre di più? Molto semplice: realizzare Euphoria, uno show pensato apposta per acchiappare una fascia di pubblico che la rete non è riuscita (e in parte non ha voluto) fino a questo momento conquistare. 

Euphoria, infatti, è un teen drama in piena regola, uno show quindi con al centro personaggi adolescenti interpretati da attrici e attori poco più grandi. La serie è andata in onda negli Stati Uniti su HBO (in Italia è trasmessa da Sky Atlantic), rete che per anni ha fatto affidamento soprattutto sul pubblico di mezza età, anche per via della sua maggiore disponibilità economica che consentiva di pagare l’abbonamento della prestigiosa rete via cavo senza troppi problemi. 
Grazie a serie come The Wire, The Sopranos, Six Feet Under e Deadwood, HBO ha costruito il proprio brand all’insegna dei prodotti “impegnati”, che si rifacevano al cinema e alla letteratura in maniera esplicita differenziandosi dal resto della produzione televisiva. In questo modo però ha anche escluso dall’equazione il target di spettatori più giovani, che negli ultimi anni è cresciuto a dismisura grazie ad alcuni show (come Il trono di spade e The Walking Dead) che hanno reso la serialità televisiva un fenomeno di costume sempre più popolare. 

Alla luce di quest’evoluzione del panorama televisivo HBO tenta di inserirsi nell’ambito spazio della TV per adolescenti senza però perdere il proprio pubblico di riferimento realizzando con Euphoria una serie che parla ai e dei giovani ma in un modo “adulto”, con una spiccata attenzione ai temi più problematici dell’adolescenza (che vengono esplorati in modo così esplicito da essere a volte didascalico) e una regia con forti connotazioni cinematic
Euphoria è uno show fortemente autoriale, creato scritto e diretto da Sam Levinson, regista l’anno scorso di un ottimo revenge movie al femminile intitolato Assassination Nation, la cui messa in scena piena di virtuosismi è tra le marche distintive anche di Euphoria
A trascinare la serie c’è anche Zendaya, giovane star proveniente da mondo Disney e già vista nei due Spider-Man del MCU, che in Euphoria interpreta un personaggio pieno di contraddizioni, un’adolescente bi-racial, bipolare e tossicodipendente che inizia a scoprire se stessa grazie alla conoscenza di Jules, ragazza transgender dall’infanzia difficile ma dal carattere molto spiccato. 

Lo sguardo di Levinson sulla generazione Z si muove dal ritratto appassionato dei singoli personaggi a riflessioni più ampie in cui ci sono veri e propri momenti instructional accompagnati dalla voce fuori campo della stessa Zendaya. 
Per quanto Euphoria metta in campo temi molto complessi e si lanci in analisi spesso ficcanti, il suo stile non è sempre così efficace perché per mantenersi coerente con il brand di HBO e catturare gli amanti della prestige tv (più vecchi del target a cui lo show dovrebbe puntare) la serie è popolata da virtuosismi stilistici non sempre necessari che spesso appesantiscono il racconto, in particolare nella parte finale in cui i montaggi musicali e i ralenti tolgono forza allo show risultando nient’altro che uno sfoggio di mezzi abbastanza ombelicale. 

Nonostante questi difetti, Euphoria rimane una serie più che dignitosa e da non sottovalutare, che riesce a raccontare personaggi estremamente contemporanei sebbene a volte ecceda nell’essere smaccatamente catchy, non di rado offrendo rappresentazioni femminili esageratamente erotizzate volte ad accattivare lo sguardo maschile e che non hanno alcuna controparte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
shortcode