Al quarto giorno della Festa del Cinema di Roma, mentre tutti gli occhi erano puntati sui primi due episodi di Django – La serie, anche l’imperscrutabile sguardo di Matthias Schoenaerts si è posato sulla platea con un primo piano, nella tipica tradizione western, che ha presentato al pubblico questa nuova versione del “pistolero con la bara” di Sergio Corbucci. Dal 1966 tante cose sono cambiate e oggi Django torna in una rivisitazione, creata da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, con la direzione artistica di Francesca Comencini – anche regista dei primi quattro episodi -, che ripropone il personaggio con nuove motivazioni, nuovi obiettivi e nuovi nemici.
Come detto, il ruolo del protagonista è affidato all’attore belga Matthias Schoenaerts, presente alla conferenza stampa insieme ai colleghi di set Noomi Rapace, Lisa Vicari, Jyuddah Jaymes, agli autori Fasoli e Ravagli e alla regista Comencini. Proprio quest’ultima ha aperto il giro di domande con una breve dichiarazione in memoria della ventiduenne Mahsa Amini, la cui morte – a seguito dell’arresto per non aver indossato correttamente il velo – è stata la miccia che ha spinto le donne iraniane a protestare coraggiosamente per la libertà, a rischio della propria vita. Un tema che si ricollega direttamente a Django e più in generale alla tradizione western.
«Questo mi porta a parlare anche di uno degli aspetti che ho amato in questi film, perché negli anni ’70 erano opere di rivolta, di ribellione. I protagonisti sono sempre stati degli antieroi che erano contro le forme di potere, refrattari, anarchici. Sono stati dei film che hanno costruito un grande racconto, una favola nera per adulti con cui i registi parlavano di quel tempo e di quello spirito indomito di rivolta. Ho amato molto film come Wild Bunch, che hanno avuto un ruolo importante nella mia formazione di ragazza ribelle. Noi sapevamo di avere una tradizione leggendaria che abbiamo omaggiato e rispettato, ma al tempo stesso abbiamo cercato di fare ciò che avevano fatto anche in passato, cioè di parlare del nostro tempo. Abbiamo cercato di utilizzare questo sogno di cinema smisurato che è il western per dare spazio ai personaggi femminili, per raccontare una nuova tipologia di antieroe, come il nostro Django, che viene raccontato con un aspetto più intimo, dando spazio a delle crisi nella sfera affettiva. Qualcosa che ci sembrava legato ai codici della virilità di oggi.»
La serie è ambientata tra il 1860 e il 1870 e segue Django nella ricerca della figlia scomparsa otto anni prima, durante il massacro della sua famiglia. La ritrova a New Babylon, una piccola città fondata da John Ellis, un uomo la cui visione è quella di dar vita ad una realtà utopica in cui tutti gli emarginati – vista l’epoca, dunque, anche gli afroamericani da poco tornati liberi dopo la schiavitù – sono accolti. La principale antagonista della serie sarà un personaggio femminile, quello interpretato da Noomi Rapace: una donna profondamente religiosa che si autoproclama emissaria di Dio e che combatte, anche e soprattutto con la violenza, tutto ciò che esula dai suoi rigidi principi.
«Abbiamo raccontato un mondo senza frontiere e differenze in cui ognuno è il diverso di qualcun altro e in cui c’è un’utopia in cui tutti sono accolti», prosegue Francesca Comencini. «Ma a qualcuno questo fa paura, dando origine ad un antagonismo che nella serie è perfettamente incarnato da Noomi Rapace. L’antagonista è un personaggio femminile a cui abbiamo cercato di dare riversi strati di profondità, non limitandoci a renderla semplicemente cattiva. Diventerà lei, una donna, la più grande guardiana e sostenitrice di un retaggio profondamente patriarcale.»
A proposito del suo personaggio, Elizabeth, l’attrice ha spiegato di averne apprezzato in particolar modo la complessità emotiva e psicologica, raramente esplorata in precedenza con un simile approccio. «Lei è mossa da un grande odio che esterna con atti brutali e violenti, dunque ad un primo sguardo sembra una donna semplicemente cattiva. Il male. Ma andando più in profondità si capisce perché una persona può arrivare a quel punto di estremismo. L’ho trovata interessante, perché man mano diventa uno studio profondo della sua psiche e mi è piaciuto moltissimo il modo in cui è stata resa.»
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal protagonista Django, un padre in preda a una profonda crisi che vive tormentato dai sensi di colpa per la morte dei suoi cari. Un personaggio maschile molto diverso dagli eroi del western classico, in cui emerge innanzitutto una sensibilità che rappresenta lo sguardo moderno che gli autori hanno cercato di dare al genere.
«Django rappresenta il modo in cui si continua a vivere quando si perde tutto ciò che si ha di più caro», spiega il suo interprete Matthias Schoenaerts. «Qualcosa di molto attuale, visto che nel mondo, in particolare adesso, ci sono molte persone che stanno soffrendo perché vivono una simile realtà. Il desiderio di Django è quello di poter esprimere e mostrare il suo amore all’ultima persona che gli è rimasta e questo, come detto da Francesca, rappresenta una crisi molto personale.»
La persona in questione è la figlia Sarah, interpretata da Lisa Vicari, ritrovata a New Babylon in procinto di sposarsi proprio con il suo fondatore John Ellis: matrimonio che creerà diverse tensioni tra la giovane e uno dei figli dell’uomo, Seymour. L’attrice ha parlato del particolare rapporto che lega i due personaggi, che nel corso della serie si incontreranno e scontreranno più volte.
«Il loro rapporto è molto complesso, fondamentalmente è qualcosa di tossico. È stato interessante esplorare questi diversi strati di relazione, perché si tratta di due persone che non riescono a vivere insieme ma nemmeno separate. Quindi nasce questo rapporto forte, scandito da abusi. Ma più scoprivamo la sceneggiatura, più emergeva anche l’amore che li lega, che inizialmente non era evidente.»
«È la rappresentazione della tentazione dell’amore e di ciò che fa alle persone», prosegue il collega Jyuddah Jaymes, interprete di Seymour. «Io credo che l’amore possa essere rappresentato in molti modi diversi e noi abbiamo toccato la sostanza di questa idea: la rappresentazione di un amore a volte brutale. Volevamo essere reali, quindi abbiamo avuto a che fare anche con il concetto della mascolinità tossica, che diventa fragile dinnanzi ad una femminilità forte. Si ha uno scontro, e questo è un concetto che abbiamo esplorato.»
Il film si è misurato anche con l’eredità di un altro Django cinematografico, quello di Quentin Tarantino, autore che da sempre, nelle sue opere, attinge a piene mani nella tradizione del western all’italiana. Nel realizzare la serie, come spiega l’autrice Maddalena Ravagli, ci si è confrontati innanzitutto con uno degli aspetti preponderanti dell’opera tarantiniana, ovvero quello di essere un film dai connotati politici.
«Ci siamo rapportati al Django di Tarantino dal punto di vista della scrittura, in quanto in qualche modo, in una maniera spettacolare, con l’azione e con quelli che sono gli stilemi di Tarantino, anche il suo Django fa un racconto politico. Ma non in senso ideologico, piuttosto con una riflessione che parte dalla condizione della popolazione black dopo la guerra civile americana – un’apparente vittoria, ma in realtà una clamorosa sconfitta – per mettere in scena una situazione che rispecchia la condizione vissuta anche oggi.»
«Il tentativo rispetto al western italiano è stato quello di trovare delle chiavi per parlare, attraverso questo racconto, dei problemi che sentiamo vicini», aggiunge Leonardo Fasoli. «E una parte dei problemi che sentiamo vicini è la contrapposizione molto forte tra identità e culture minoritarie. C’è chi lo avverte come una possibilità di apertura, di futuro, e chi invece sente che questa apertura sia una possibile minaccia, barricandosi dietro una guerra perenne. Questo elemento relativo a chi rema verso una società che tende necessariamente ad aprirsi e chi invece ha paura dell’apertura, e va verso una società che vuole chiudersi, ci sembrava un elemento molto contemporaneo che abbiamo cercato di rappresentare con il western.»
Django – La serie arriverà su Sky e NOW nel 2023.
Foto: Getty (Vittorio Zunino Celotto)
© RIPRODUZIONE RISERVATA